La superfice dei cartoni è investita, come atto finale, da un colore unico, invadente e coprente, bianco, nero, rosso, arancio, ecc., che suscita una forte sensazione di compattezza e di unità. La monocromia, già intuita e parzialmente realizzata nelle Rivisitazioni e nei Manifesti, diviene ora una scelta obbligata nella ricerca linguistica di Netto, e lo inserisce in un ambito importante della cultura artistica occidentale: 

si tratta di un movimento che si è imposto alla fine degli anni ’50 del 1900, come documentato dalla grande mostra realizzata da Uto Kultermann a Leverkusen nel 1960, denominata, appunto, "Monochrome Marelei". La tendenza si è affermata anche negli Stati Uniti d’America presso degli artisti della seconda generazione della New York School (Rotkho, Newman, Louis, e Olitski). Per la verità, i monocromi statunitensi e quelli europei non sono identici. I primi non sono, propriamente, monocromi perchè accettano scarti cromatici e sfumature, e dunque non si sottraggono ad una considerazione sul diverso e sul molteplice 

(LE OPERE DEL PERIODO